"E qui papà devi pensà. Sì, che chi dopo stasera è andato a festeggià, la gioia la troverà solo sulle disgrazie altrui...pe' sta gente non c'è luce papà ma solo giorni bui...perché chi pe' soride deve vedé piagne uno, mille, centomila, è uno che nella vita sua starà sempre in fila. Chi invece la prova la vita sulla pellaccia, non starà mai a chiede un sorso da 'n'antra boraccia..." V.M.

martedì 21 settembre 2010

Titolari e riserve [di Diego Angelino]

Ero rimasto favorevolmente impressionato dall’atteggiamento di Claudio Ranieri Sabato in conferenza stampa. Orgoglio, difesa della squadra, inquadramento di un “nemico” su cui concentrarsi e a cui dimostrare che la Roma è una squadra che
anche quest’anno può dire la sua. Tutto perfetto. Finché non si è parlato di scelte tecniche. Perché, in quel momento, c’è stata l’ufficialità di una tendenza che già avevamo imparato a conoscere: la graniticità nella selezione dei calciatori. Mister Ranieri ci ha detto – ribadendolo anche al termine della gara contro il Bologna – che esistono due squadre differenti: quella dei titolari e quella delle riserve. La prima, composta da quei campioni che hanno dato tanto nella passata stagione; la seconda, composta da quei calciatori che potranno tornare utili nel corso dell'anno.

Un discorso che in una squadra che punta al vertice non si dovrebbe mai fare. Perché, in una compagine del genere, tutti sono campioni, tutti sono importanti e tutti sono interscambiabili. Altrimenti – se le scelte ricadono sempre sugli stessi, anche quando non sono al massimo – è meglio tenere 11-12 calciatori professionisti cui affiancare 7-8 ragazzi della Primavera. Per i quali può valere il discorso del “tornare utili”: magari in Coppa Italia o in momenti in cui davvero non esiste alternativa. Credo sia normale e comprensibile che ogni allenatore abbia le proprie preferenze ed i propri titolari: meno comprensibile – a mio avviso – è confessarlo pubblicamente. Perché - al di là della sfiducia che si può provocare nelle cosiddette riserve – non è mai stato producente affidarsi alla riconoscenza verso chi ha fatto tanto per la squadra precedentemente. Le spedizioni mondiali dell’Italia nel 1986 e l’ultima in Sudafrica ne sono prove lampanti.


Diego Angelino

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